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La minaccia jihadista al tempo del Covid

23 Dicembre, 2020

L’interconnessione mafie/gruppi terroristici si basa sulla reciproca affidabilità: il punto di vista di Pier Paolo Santi, analista dell’OMCOM

La pandemia, con i suoi milioni di contagiati e di morti, ha messo in ombra nella percezione dell’opinione pubblica la minaccia jihadista-terroristica. Ne parliamo con un esperto di geopolitica criminale e di analisi d’intelligence, Pier Paolo Santi, consulente dell’OMCOM.

Dal tuo osservatorio attento e informato, come stanno effettivamente le cose, quanto incide ancora sulla sicurezza dell’Occidente l’ombra sinistra del fondamentalismo islamico ?

Si assiste a un riassetto inteso a 360°, quindi probabilmente anche per traffici illeciti. Spesso, infatti, la tendenza è scordare o percepire una piccola parte di questa guerra evidenziandone solo gli aspetti eclatanti come attentati od operazioni armate. In verità un mondo sommerso racconta di traffici, legami criminali e molto altro che non si ferma mai.

Dopo l’eliminazione di Bin Laden e di Al Baghdadi e la sconfitta militare dell’Isis nel quadrante siriano-iracheno, come si stanno riorganizzando e muovendo le organizzazioni della galassia jihadista?

Immaginiamo di avere una somma a nostra disposizione da poter investire, cosa fare? Alcuni potrebbero optare per una tipologia di investimento aggressivo magari puntando tutto su una o poche azioni con forti oscillazioni. Questa linea può permettere guadagni incredibili come perdite altrettanto evidenti in poco tempo. Altri, al contrario, procederebbero con una diversificazione di portafoglio su azioni, obbligazioni, monetario etc. Le motivazioni potrebbero scaturire per passare indenni un periodo tempestoso, oppure perché si calcola che è sufficiente il guadagno in proporzione al rischio. Prendiamo questo esempio tornando al nostro settore di interesse. L’Isis in questi ultimi anni si è concentrato su un investimento estremamente aggressivo, puntando su reclute (spesso non addestrate) di tutto il mondo per la realizzazione di un califfato geograficamente definito (de facto uno Stato). Ergo, grandi oscillazioni ma con la concretizzazione del Califfato è complesso (se pur non impossibile) uscire in tempo. L’uscita nei tempi giusti da un investimento è sempre la parte fondamentale.

Al Qaeda, al contrario, che aveva probabilmente già compreso come poteva sfociare una sua costola fin dai tempi di al Zarqawi, ha cominciato a investire sull’Intelligence, in parte con quei gruppi (in grado di infiltrarsi successivamente anche nell’Isis) che nei nostri rapporti OMCOM abbiamo definito cerniera. È da sempre una struttura, Al Qaeda, che conosce il significato di pazienza, costanza e organizzazione. Adesso questo modus pensandi si è fuso con l’applicazione di una Intelligence fluida, solo apparentemente meno pericolosa perché difficilmente identificabile. Questo potrebbe essere un punto di differenza fra le due organizzazioni, adesso bisognerà avere chiaro, con accurate previsioni di scenario, se l’Isis andrà a scomparire oppure si tramuterà in qualcos’altro. Un ulteriore differenza, ad esempio, è nel modo di approcciarsi con gli sciiti: l’Isis considera un atto dovuto, tra i più impellenti, sterminarli. Al contrario al Qaeda cerca di non eccedere. Per amore della concordia? Non scherziamo, potrebbero esserci delle sinergie, se non delle Interconnessioni (così come concepite nei nostri rapporti) con alcuni gruppi sciiti. Ecco, Intelligence e puro pragmatismo: essere nemici non implica alcune volte non trovare punti di contatto ai danni di nemici comuni (ad esempio).

Perché gli scenari nordafricani si presentano particolarmente inquietanti in questa fase?

Perché il Nord Africa è l’epicentro di questa forma d’Intelligence jihadista. Non a caso la nostra ultima pubblicazione dell’OMCOM in merito riporta proprio il titolo : “Intelligence jihadista Nord Africana, la traccia”.

Al centro della vostra analisi c’è l’intuizione fondamentale dell’interconnessione organizzazioni criminali-mafie-organizzazioni jihadiste, come si dispiega concretamente questo intreccio?

Si traduce in forme d’Intelligence jihadista che dobbiamo approfondire, soprattutto dobbiamo focalizzare gli eventuali legami con la criminalità organizzata che toccano vari punti del globo, a partire dal mediterraneo fino al Sudamerica. La nostra criminalità organizzata-mafie dovrebbe essere tra le più attenzionate. Sulla criminalità organizzata le faccio un esempio che dimostra come potremmo focalizzare le tematiche fin qui esposte sotto una nuova angolazione. Fino a ora ci ci siamo domandati quale gruppo, o fazione, assumerà connotazioni sempre più pericolose nel contesto jihadista. Classica e legittima domanda, ma se la osserviamo sotto il livello delle Interconnessioni possiamo entrare dalla finestra e avere nuove prospettive. AFFIDABILITÀ è il primo presupposto, prima ancora della potenza offensiva, per determinare il livello di una organizzazione criminale. Perfino all’interno del loro stesso ambiente. Più è alta l’affidabilità e più sono in grado d’interfacciarsi con attori di alto calibro (che a loro volta hanno sotto gruppi locali o regionali) di varia matrice. La C.O. pertanto userà anche con i suoi soci (di altra natura) questo sistema di misura. Ora, abbiamo sempre sottolineato come OMCOM, l’importanza per le strutture jihadiste d’interfacciarsi con la criminalità organizzata e quanto queste sinergie andranno ad aumentare. Ecco allora il quesito rivoltato: la criminalità organizzata chi reputa, fra questi gruppi e fazioni jihadiste, più affidabile per gli affari?

Aldo Musci

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