Addio alla realtà: si afferma il Metaverso
Siamo agli albori di un nuovo mondo Phygital
Lo ha comunicato con enfasi Mark Zuckerberg, Ceo del colosso tecnologico noto come Facebook, il 28 ottobre 2021:“È arrivato il momento di adottare un nuovo brand aziendale che rappresenti olisticamente tutto quello che facciamo. Per riflettere ciò che siamo e quello che speriamo di costruire, sono fiero di annunciare che da oggi la nostra azienda si chiamerà Meta”. Una scelta singolare basata su forti motivazioni strategiche e comunicative: per i prossimi dieci anni investire sulla creazione e sulla colonizzazione del Metaverso, cioè letteralmente un universo oltre i confini della realtà attualmente conosciuta. A questo punto, una domanda cruciale s’impone: cosa s’intende effettivamente per Metaverso? In prima battuta potrebbe definirsi un mondo online sempre più copresente al mondo offline, un mondo sempre più phygital. Per fare un po’ di storia, c’è da dire anzitutto che si tratta di un termine mutuato dalla fantascienza, coniato nel 1992 da Neal Stephenson, autore del romanzo postcyberpunk “Snow Crash”. Nel libro, il Metaverso era una realtà virtuale 3D, sovrapposta e integrata con il mondo fisico, in cui le persone si muovevano attraverso i propri avatar, veri e propri digital twin, rappresentazioni digitali e tridimensionali di sé. Sebbene dipinto a tinte fosche, il distopico film di Spielberg “Ready Player One”, uscito nelle sale nel 2018 e ispirato all’omonimo romanzo di Ernest Cline del 2011, rappresenta piuttosto fedelmente quello che sarà il Metaverso da qui a 15 anni: una rete di mondi virtuali interconnessi della quale gli utenti potranno fare esperienza indossando visori di realtà virtuale e guanti aptici, dove interagire con altri utenti, comprare oggetti digitali e svolgere attività ludiche e d’intrattenimento in contesti immersivi ricostruiti digitalmente. La definizione più esaustiva di Metaverso è stata, tuttavia, fornita da Matthew Ball, autore di un compendio sull’argomento chiamato “The Metaverse Primer”, diviso in nove parti e pubblicato sul suo blog: “Il Metaverso è una rete perdurante di mondi 3D che si espande in tempo reale, che restituisce un senso d’identità continuo nel tempo, in cui gli oggetti permangono e che tiene memoria delle transazioni effettuate in passato. Un numero di utenti illimitato, ognuno con il proprio senso di presenza fisica”.
Riprendendo gli stessi concetti, Zuckerberg ha posto l’enfasi su come un’inedita sensazione di compresenza fisica e la rappresentazione del sé attraverso avatar 3D e ologrammi, siano i pilastri su cui Meta stia costruendo questo nuovo piano di realtà. In altre parole, si potrebbe affermare che il Metaverso non sarà una realtà virtuale parallela alla nostra, bensì un’esperienza fluida di un ambiente ibrido in cui i confini tra realtà fisica e virtuale diverranno pressoché inesistenti, allineandosi così con la rivoluzione digitale già in atto che vede integrarsi la dimensione online e offline delle nostre esperienza di vita, tra cui quella lavorativa. Di conseguenza, le azioni che le persone compieranno nel Metaverso avranno ripercussioni nella vita reale: il lavoro che si svolgerà per la propria azienda da remoto mentre si è immersi nel Metaverso, così come le relazioni interpersonali che lì si stringeranno, saranno riconducibili alla propria identità e, insieme alle azioni compiute nel mondo reale, contribuiranno a edificare la propria reputazione. Per fortuna il Metaverso non sarà proprietà di Facebook, che lo ha lanciato, ma come Internet, sarà accessibile a tutti gratuitamente (a patto che si possegga la tecnologia necessaria per accedervi) e tutti avranno la possibilità di creare i loro spazi virtuali e il proprio avatar, dando vita a un universo in continua espansione. Si creerà, dunque – confermano gli esperti – un’economia del Metaverso che sarà basata su una criptovaluta unificata, come il bitcoin, per esempio, e sulla compravendita di NFT, oggetti digitali, quali creazioni artistiche, video e musiche, unici e insostituibili. Ciò significa che, sebbene sia possibile farne svariate copie, al compratore sarà riconosciuta la proprietà dell’originale, che avrà più valore se si volesse rivenderlo. Inoltre, si prenderà nota di ogni transazione su alcuni registri decentralizzati grazie alla tecnologia blockchain, per limitare il rischio di frodi.
Qualcuno potrebbe pensare, a questo punto, che il Metaverso sia frutto di una fuga delirante in un futuro immaginario sganciato dalla realtà, quella vera, fatta di violenza, guerra, fame, sangue, morte e malattia, che assilla qualche miliardo di esseri umani. Ma non è così. Fatti e processi concreti dimostrano il contrario. Uno per tutti, tanto per venire al nostro Paese.Trovare testimonial futuristici per consentire ad aziende ed enti pubblici di approdare definitivamente nel Metaverso: sono queste le parole che descrivono al meglio l’iniziativa lanciata da QuestIT, azienda italiana specializzata nello sviluppo di tecnologie d’intelligenza artificiale in grado di creare assistenti virtuali in forma umanoide e instaurare relazioni empatiche con i singoli clienti. Entrando nel dettaglio, il progetto della company made in Italy consiste in un vero e proprio contest, grazie a cui verranno selezionate 50 persone “virtualmente fotogeniche” che, una volta ultimata la prima fase di casting grazie all’intervento di una giuria ad hoc, verranno poi chiamate per essere “avatarizzate”. Terminata la digitalizzazione dei corpi umani, i candidati entreranno a far parte del primo catalogo italiano di virtual assistant professionali grazie ai loro “gemelli virtuali”. Ma non è tutto, infatti, al termine del processo di realizzazione di tutti gli avatar, la giuria selezionerà i 10 soggetti virtualmente più fotogenici e, in seguito, verrà avviato un ulteriore casting sui social media che decreterà il vincitore finale che si aggiudicherà anche una rilevante somma in denaro. Le 50 persone selezionate tramite l’avacontest entreranno nel primo catalogo degli avatar e avranno la possibilità di guadagnare ogni volta che un’azienda o un ente della pubblica amministrazione le sceglierà come testimonial utilizzando il loro gemello digitale.
Dunque, non una fantasia astrusa da relegare nei romanzi di science fiction, ma una prospettiva che si va materializzando progressivamente, sollevando al contempo interrogativi inquietanti e non soltanto rassicuranti sulle magnifiche sorti e progressive… Studiosi e analisti di varie matrici mettono già in guardia su possibili conseguenze negative derivanti dall’avvento del Metaverso. Sebbene le potenzialità siano enormi e l’entusiasmo sia tanto – avvertono – bisogna tenere in considerazione che come è accaduto per la colonizzazione di nuovi spazi mediatici (l’etere televisivo negli anni ’70 in Italia e l’Internet negli anni ’90), gli ordinamenti giuridici dei vari paesi faticheranno a stare al passo con queste nuove tecnologie in costante evoluzione. Prima che il Metaverso venga portato a compimento, nei prossimi dieci anni dovranno essere scritte le leggi che ne regoleranno l’utilizzo tutelando la privacy dei suoi utenti. Ma non sarà facile e lineare questa produzione normativa, per non parlare delle disuguaglianze sociali che potrebbero inasprirsi per effetto del divario tecnologico già presente nella nostra società. Chi non vorrà o non potrà accedervi per motivi anagrafici, economici o territoriali, perché residente in aree dove le infrastrutture tecnologiche non sono disponibili, sarà escluso da grandi opportunità lavorative o da significative esperienze di socializzazione. Le differenze potrebbero generarsi anche fra chi fosse inserito nel Metaverso, non soltanto per gli esclusi. La stratificazione in classi sociali sarebbe inevitabile anche in questo mondo Fhygital, probabilmente. C’è un ultimo rischio particolarmente grave, evidenziato dagli studiosi del fenomeno, da prendere in seria considerazione: la possibilità di poter esplorare mondi meravigliosi normalmente inaccessibili, potrebbe invogliare le persone a isolarsi e a rimanere a casa intessendo relazioni sociali che, sebbene supportate da una tecnologia sofisticata, resteranno un surrogato di quelle che si possono instaurare faccia a faccia nel mondo fisico. Inoltre, la possibilità di autorappresentarsi con un avatar di cui si sceglieranno le fattezze potrà essere un sollievo per chi non sia a proprio agio con la propria immagine, ma potrebbe allo stesso tempo rivelarsi deleterio per chi, nascondendosi dietro lo scudo di un corpo virtuale, non riuscirà mai ad accettarsi per quello che è autenticamente. In sintesi, a seguito di questa imminente profonda manipolazione e alterazione del principio di realtà, che ne sarà degli altri due cavalieri che governano l’essere-nel-mondo: il principio del piacere e la pulsione di morte? Il dilemma sta tutto qui. Ancora una volta ritorna attualissimo il quesito posto dal Bardo di Stratford-on-Avon: Essere o non Essere? E anche: Essere come?
Aldo Musci