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Ambiente, Italia sepolta dai rifiuti urbani

12 Dicembre, 2019

Il Rapporto 2019 dell’Ispra dipinge un quadro della gestione dei servizi di smaltimento con poche luci e molte ombre

Si fa presto a parlare di tutela dell’ambiente e di lotta ai cambiamenti climatici, ma talora le altisonanti dichiarazioni d’intenti s’infrangono contro la rocciosa realtà. Agli annunci, spesso, non corrispondono atti concreti, prassi coerenti e consequenziali. Un esempio per tutti, la gestione dei rifiuti urbani nel Belpaese.  Insieme alla riduzione delle emissioni di Co2, è uno dei capisaldi delle politiche green che Governi e istituzioni sovranazionali (ONU – Agenda 2030, Cop25, ecc.) dichiarano urbi et orbi di voler attuare con determinazione. Ma le cose non vanno sempre come incautamente anticipato. A tracciare un quadro esaustivo dello stato dell’arte della gestione dei rifiuti urbani nella Penisola è il recentissimo Rapporto 2019 dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) dal quale si evince, fra l’altro, che il costo della raccolta differenziata per abitante cresce di 3,46 euro l’anno e nel Centro del Paese si pagano 208,05 euro per abitante l’anno.

Il dettagliato documento evidenzia soprattutto che gli impianti di smaltimento attivi non sono al passo con le esigenze della differenziata, essendo pochi e mal distribuiti. Il rifiuto organico, ad esempio, è il più raccolto, ma alcune Regioni non dispongono d’impianti adeguati per trattarlo, così si è costretti a esportare all’estero 500 mila tonnellate di rifiuti. Ecco perché sono soltanto 7 su 20 le regioni italiane che superano l’obiettivo del 65% di differenziata fissato al 2012 dalla normativa: Veneto (73,8%), Trentino Alto Adige (72,5%), Lombardia (70,7%), Marche (68,6%), Emilia Romagna (67,3%), Sardegna (67%) e Friuli Venezia Giulia (66,6%). Tra queste, fanno registrare i maggiori incrementi delle percentuali di raccolta, nell’ordine, le Marche, la Sardegna e l’Emilia Romagna, mentre i valori più alti di produzione pro capite si osservano per il Centro, con 548 chilogrammi per abitante, con un aumento di oltre 10 kg per abitante rispetto al 2017. Il valore medio del nord Italia si attesta a circa ai 517 chilogrammi per abitante, in crescita di 14 kg per abitante rispetto al 2017. Il dato del Sud si attesta, invece, a 449 chilogrammi per abitante, con un aumento di 7 kg. La produzione pro capite di questa macroarea risulta inferiore di quasi 51 chilogrammi per abitante rispetto al dato nazionale e di quasi 100 chilogrammi in raffronto al valore medio del Centro.

A eccezione di Marche, Molise e Sicilia, tutte le regioni italiane fanno rilevare, tra il 2017 e il 2018, una crescita della produzione dei rifiuti urbani. I maggiori incrementi si osservano per il Piemonte (+5,1%), il Trentino Alto Adige (+4,5%) e la Sardegna (+3,7%). La produzione pro capite più elevata, con 660 chilogrammi per abitante per anno, si rileva per l’Emilia Romagna, il cui dato risulta in crescita del 2,8% rispetto al 2017. Segue la Toscana, il cui pro capite si attesta a 612 chilogrammi per abitante, che fa rilevare una crescita dell’1,8%.

“In tali contesti – spiega l’Istat – il valore è influenzato dalla tendenza all’assimilazione, che porta a computare nei rifiuti urbani anche quelli da attività artigianali, commerciali e di servizio”. Un salto significativo si rileva al Sud con un aumento della percentuale di raccolta di 4,2 punti nel 2018, in particolare in Sicilia (+7,8 punti) e in Molise (+7,7 punti), seguite dalla Calabria (+ 5,6) e dalla Puglia (+5). Venendo ai flussi di rifiuti organici avviati fuori regione, il Rapporto evidenzia che i maggiori quantitativi derivano dalla Campania (circa 487 mila tonnellate) e dal Lazio (oltre 270 mila tonnellate), entrambe caratterizzate da una dotazione impiantistica non adeguata a quanto prodotto. Nel caso della Campania è il Veneto a ricevere la quota più considerevole dell’organico (49,7% del totale). Per quanto riguarda il Lazio, è invece il Friuli Venezia Giulia la regione cui sono conferiti i quantitativi maggiori (pari al 48,7%), a seguire il Veneto (23,4%).

L’esportazione interessa l’1,5% dei rifiuti urbani prodotti ed è aumentata del 31% rispetto al 2017, mentre calano dell’8% le importazioni. Fuori dai confini nazionali sono stati conferiti soprattutto combustibile solido secondario (45%) e rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti (18%). Austria e Portogallo i Paesi verso i quali vengono destinate le maggiori quantità di rifiuti urbani. A inviarle sono soprattutto due regioni: il Friuli Venezia Giulia e la Campania, rispettivamente 27% e 22% del totale esportato. Abbiamo, invece, importato plastica (29%), vetro (25%) e abbigliamento (22%). Soprattutto dalla Svizzera, con il 33% del totale importato: si tratta soprattutto di rifiuti di imballaggio in vetro, destinati a impianti di recupero e lavorazione situati perlopiù in Lombardia. L’abbigliamento, invece, è destinato in massima parte alla Campania, presso aziende che ne effettuano il recupero.
“Dal rapporto Ispra – rileva Nicola Zingaretti, presidente della regione Lazio – emerge che la raccolta differenziata nel Lazio (esclusa Roma capitale ferma al 42,9%) sale dal 35,9% del 2015 al 53,2% del 2018. Un risultato importante. Grazie ai Sindaci e ai cittadini per il loro impegno che ha reso possibile questo risultato”.

Raoul Mendoza

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