Emilia-Romagna, beni confiscati alle mafie: l’ostacolo è la burocrazia
La Regione vara piano per semplificare le procedure di assegnazione
La burocrazia si conferma male cronico del Belpaese a dispetto di ogni pia intenzione di combatterla e sconfiggerla. Una dinamica che si riproduce in ogni settore della vita nazionale. Non fa eccezione la gestione dei beni sequestrati alle mafie. Un esempio per tutti: l’Emilia-Romagna. In quella Regione risultano 865 gli immobili tolti dalle mani delle mafie, ma solo 149 sono stati consegnati a un Comune per il riutilizzo a fini sociali. La causa? I tempi molto lunghi (in media nove anni) affincè per i beni sopraggiunga la confisca definitiva. Per velocizzare le assegnazioni, la Regione si è quindi dotata di due piani: uno “integrato” per “la promozione della cultura della legalità e della cittadinanza responsabile e la prevenzione del crimine organizzato e mafioso e dei fenomeni corruttivi” e l’altro “strategico” per la “valorizzazione dei beni confiscati alla criminalità”. Un documento, quest’ultimo, che nessun’altra regione del Nord può vantare e che in Italia è stato redatto solo in Campania. Entrambi i piani, approvati dalla Giunta, sono stati presentati alla commissione regionale competente presieduta da, Francesca Marchetti, e saranno operativi nel biennio 2022-2023.
Il 60% dei beni confiscati, è emerso, si trova nella parte occidentale della regione, cioè nelle province di Piacenza, Parma e Reggio Emilia. Dei 91 i Comuni che hanno almeno un bene confiscato, otto ne detengono la metà. Sono Sorbolo nel parmense Montecchio Emilia e Brescello nel reggiano, Piacenza, Alseno, Bertinoro, Bologna e Parma. Le aziende confiscate sono 136 e per il 69% sono state assegnate a enti locali, mentre il 19% torna allo Stato e il residuo va in vendita. Molti degli altri beni sono utilizzati per finalità sociali: centri studi e convegni, campi estivi per studenti, ma anche sedi della Protezione civile (come a Brescello) o della Polizia locale oppure, nel caso di appartamenti, affidati a famiglie in difficoltà, come ha deciso di recente dal Comune di Reggio Emilia. Per il riutilizzo del patrimonio sottratto alla criminalità, la Regione ha stipulato 37 accordi per 21 immobili con un investimento 3 milioni. In totale, dal 2015 al 2021 sono stati sottoscritti 237 accordi con un investimento regionale di 5,3 milioni. Tra le misure messe in campo attualmente, si stanno attivando i nuclei di supporto nelle prefetture per conoscere in anticipo i beni che stanno andando verso la confisca e pianificare le azioni di recupero. Secondo una stima, i beni immobili confiscati e recuperati hanno infatti una previsione di incremento dell’11% annuo, cioè del 55,5% nel quinquennio fino al 2025. Nella Consulta regionale della legalità di dicembre, inoltre, si è deciso di creare due tavoli di lavoro tematici su beni confiscati e caporalato, in raccordo con i sindacati.
Raoul Mendoza