I fondi pensione leva fondamentale per lo sviluppo economico
Ma in Italia la finanza responsabile è al di sotto delle sue potenzialità
Ogni problema economico è in primo luogo un problema finanziario, giacchè occorre sempre e prioritariamente reperire le risorse in grado di alimentare adeguatamente l’attività che s’intende avviare e progressivamente sviluppare. Insomma, una regola aurea che, al di là delle criticità che colpiscono ciclicamente l’industria finanziaria mondiale, si conferma sempre valida. Ecco perché non conviene a nessuno che banche e Borse vadano a rotoli. Conviene, invece, all’intero genere umano che il sistema finanziario internazionale imbocchi la strada maestra della responsabilità sociale e ambientale. Siamo ancora lontani, purtroppo, da questo traguardo, soprattutto nel nostro Paese. Parlano chiaro in tal senso i dati resi noti da Banca Etica.
Il risparmio previdenziale privato in Italia vale più di 250 miliardi di euro e riguarda circa 10 milioni di soggetti tra iscritti e già pensionati. Complessivamente, viene investito nell’economia tricolore il 27,7% di queste risorse (36,7 miliardi sui 132,5 di totale gestibile), il 77% delle quali in titoli di Stato. Alle imprese arrivano 3,7 miliardi di euro, solo il 2,8% del potenziale, escludendo gli investimenti immobiliari e la gestione della liquidità. Di queste risorse, ancora, l’89% viene investito in imprese quotate, e solo 400 milioni vanno a imprese non quotate (lo 0,3% del totale). Banca Etica sottolinea anche un fenomeno più grave dal nostro punto di vista: il patrimonio previdenziale gestito con criteri di finanza responsabile è fermo a una quota del 23%, così di 100 euro gestiti dalla previdenza complementare, solo 24 restano nel nostro territorio e solo 3 vanno a finanziare imprese e attività produttive. In particolare, stando al report d’impatto 2019 di Etica sgr, non selezionare gli investimenti con rigorosi criteri ESG significa rinunciare ad un moltiplicatore aggiuntivo di nuovi posti di lavoro generati pari a 2,42 e a un fattore di maggiore riduzione delle emissioni di CO2 pari a 1,7. Non a caso, commenta Alessandro Messina, direttore di Banca Etica:
“Non sottovalutiamo il sostegno al debito pubblico, che consente di finanziare servizi essenziali per la collettività. Ma considerando che una buona parte di esso serve “solo” a finanziare il pagamento degli interessi sullo stock già in essere. Si rafforza la netta impressione che non si stia cogliendo il forte potenziale redistributivo, in termini finanziari, che c’è in gioco quando si parla di previdenza complementare. E c’è di più. La previdenza complementare, se facesse propri i criteri della finanza etica, potrebbe favorire la riconversione ecologica, accelerare la transizione all’economia circolare carbon free, sostenere le imprese più attente ai diritti umani e all’impatto sociale e ambientale dell’intera filiera produttiva”.
Aldo Musci