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La Corruzione patologia strutturale dell’economia globale

24 Gennaio, 2020

Il report di Trasparency International pone l’Italia al 51/mo posto della classifica mondiale

Una diffusa convinzione, in realtà un opinabile luogo comune, considera la corruzione una patologia marginale e periferica dei sistemi politico-istituzionali e statuali costituiti, non eliminabile del tutto, ma curabile e suscettibile di essere tenuta sotto controllo. Le cose, tuttavia, non stanno esattamente così. Lo dimostrano dati oggettivi e tendenze consolidate. Molti Stati, soprattutto nelle aree meno sviluppate del pianeta (ma non solo), sono talmente pervasi dai fenomeni corruttivi e spesso dominati dagli attori che ne traggono profitto e vantaggio politico, da rendere la corruzione aspetto strutturale del Potere nel suo intreccio perverso con il crimine organizzato su scala transnazionale, fondamento e collante delle elite di comando, propellente della coesione sociale, acceleratore del processo di accumulazione del capitale. Dunque, possiamo dire che la corruzione si confermi a pieno titolo essenza stessa e tratto distintivo di un’inedita evoluzione della forma-Stato che si è affacciata nello scenario complesso e caotico del Terzo Millennio da qualche decennio.Taluni analisti l’hanno chiamata Criminal State. Come definire altrimenti i regimi vigenti in Paesi come la Colombia, il Messico, la Corea del Nord o addirittura Malta.

Venendo comunque ai dati elaborati da Trasparency International, al di là delle discutibili teorizzazioni in materia di sociologia politica e di analisi delle nuove strutture del potere globale, si scopre che l’Italia è 51/a a livello mondiale con un punteggio di 53 punti su 100 nel ranking della percezione della corruzione. Guadagna un voto e due posizioni rispetto all’anno scorso, appaiata ad Arabia Saudita e Ruanda, e un gradino sotto Malta. Come si spiega una posizione così arretrata a fronte di sforzi/impegni dichiarati e reiterati da parte istituzionale (ruolo Anac) e politica (la totalità dei partiti) di voler combattere corrotti e corruttori strenuamente? Qualche elemento di comprensione lo fornisce Virginio Carnevali, presidente di Trasparency Italia: “Siamo lieti di vedere un ulteriore miglioramento, ma speravamo in qualcosa di più. Il rallentamento è dovuto a problemi che il nostro Paese si trascina e non risolve come, ad esempio, la sempiterna piaga mafiosa”.

A tal proposito, il Cpi (indice di percezione della corruzione in 180 Paesi) evidenzia due aspetti per quanto riguarda il nostro Paese: resta lontana la sufficienza, pur avendo guadagnato l’Italia 12 punti dal 2012. Tuttavia, rallenta la scalata alla classifica, dominata anche quest’anno da Danimarca e Nuova Zelanda. In Europa fanno bella figura anche Finlandia e Svezia, mentre Bulgaria, Romania e Ungheria occupano le ultime posizioni. Spicca la caduta di Canada (-4 punti), Francia e Regno Unito (-3) e perdono due punti anche gli Usa (a 69 contro i 71 precedenti).

Aldo Musci

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