La vita quotidiana al tempo del Coronavirus
Costruire un manuale di autodifesa esistenziale
Covid-19, il mostro virale, impazza. Il mondo si sta fermando, le Borse tracollano, la Penisola, attonita per un evento mai visto dalle nostre generazioni (l’ultimo fu la spagnola circa un secolo fa), cerca di difendersi e andare avanti. La vita quotidiana appare, comunque, sconvolta. Le città sono semideserte, sembrano scenari da telefilm su “i sopravvissuti” di un raggelante “day after”. E tutti noi siamo di fatto agli arresti domiciliari. I rapporti umani, le relazioni interpersonali, sono entrati in un tunnel estremamente critico, per non parlare dell’eros. Al posto del contatto carnale è subentrato il contatto digitale, così sta prendendo piede la moda della videochiamata per stimolare il reciproco autoerotismo. Che fare? Come destreggiarsi nel labirinto delle prescrizioni e dei divieti che le autorità hanno doverosamente e, forse tardivamente, imposto per bloccare la diffusione dell’epidemia? Come gestire l’emergenza senza abbattersi cadendo nella depressione? Domande da “un milione di dollari”, come si direbbe con una frase fatta, ma non infondate. Tuttavia, quando si è sballottati dai marosi dell’esistenza, e il barometro volge al brutto, non bisogna perdere la speranza. L’unica zattera è la ragione. I pessimisti radicali ci dicono, invece, che non c’è ragionamento che tenga se il Fato e la Grande Falciatrice, sua sorella gemella, ci hanno messo gli occhi addosso. E perciò – suggeriscono – mettiamo da parte la ratio e affidiamoci all’istinto, al sesto senso, come lo chiama qualcuno. Visioni divergenti che raramente trovano una sintesi, un punto di equilibrio. Indubbiamente, Covid-19 è una sgradevole sorpresa, un visitatore che non volevamo accogliere. Sciagura, che la sorte o, se si preferisce, la Natura, ovvero il Padre Eterno, secondo altri punti di vista, ci hanno regalato. Verità coriacea e inconfutabile, eppure potrebbe anche essere un’opportunità, se si guarda la “Cosa” (nel senso dell’omonimo film) da un’altra angolazione e secondo una logica laterale. Proviamo a cimentarci con questo spericolato tentativo, vera e propria sfida intellettual-esistenziale.
Il pianeta e i suoi debordanti abitanti attraversano da decenni una “terra di nessuno”, che taluni acuti osservatori hanno definito “Età del Caos”, nella quale l’essere-nel-mondo – che è sempre essere-per-la- morte, secondo Heidegger – si dà nella forma della liquidità che frantuma valori, certezze, affetti, identità, appartenenze consolidate, punti di riferimento, ancore di salvezza. E allora, se un filamento di RNA, chiamato coronavirus, è in grado di mandare in tilt l’intera civiltà, ingessando la globalizzazione, paralizzando il sistema economico-finanziario, mettendo a rischio le nostre sacrosante libertà, conquistate a prezzo di secoli di lotte sanguinose, è arrivato il momento di una seria pausa di riflessione che ci consenta di ripensare il nostro modo di vivere, la sua caducità, le idee, le convinzioni, i bisogni, i desideri, le ambizioni, che accompagnano e motivano le nostre azioni. In altre parole, di mettere radicalmente in discussione mentalità, concezioni, traguardi, fedi e speranze, comportamenti, vanità… Dunque, è l’intero paradigma della civiltà a esserne profondamente incrinato. E’ crisi generale ed epocale di senso. Dobbiamo prenderne atto. Si può e si deve ripartire soltanto dalla mera quotidianità, non da astruse elucubrazioni ideologiche, sia per ricostruire una credibile trincea esistenziale in grado di ripararci da tempeste capaci di travolgerci a livello psico-fisico, sia per tentare di far germogliare elementi nuovi di pensiero critico sullo stato presente delle cose. Uno statuto del reale che appare sempre più mobile, scivoloso, inquietante, refrattario al dominio di ogni apparato conoscitivo, nonostante l’overdose ipertecnologica che ci sovrasta e ci contamina con i suoi successi e progressi. Baudrillard affermava, già negli anni ’70, che l’Oggetto sfugge al Soggetto nella sua ansia di dominio. Possiamo aggiungere, pertanto, alla crisi di senso, la crisi gnoseologica. Dunque, siamo alla crisi totale.
A questo punto, fissate alcune coordinate generali, propedeutiche all’avvio di un percorso autocritico di rigenerazione/rifondazione culturale e, oserei dire “spirituale” – se non suonasse come una “bestemmia” rispetto a certe formazioni politico-culturali di una volta – possiamo atterrare sulla dura e spoglia quotidianità del “qui e ora”, nell’ambizioso intento di rabberciare una sorta di manuale di autodifesa esistenziale per fronteggiare eventi e circostanze che assumono vieppiù le sembianze terrorizzanti di un’inedita maschera della distopia. Manuale tutto da costruire a livello individuale, comunque, soprattutto nella prima fase, ma che potrà essere irrobustito e progressivamente sviluppato attraverso l’acquisizione di nuove categorie critico-cognitive da alimentarsi mediante circuiti d’interlocuzione e di dibattito trasversali, in grado di ricomporre una pluralità di nessi, di raccordi fra l’essere e l’apparire, il pensiero e l’azione, il personale e il collettivo, la ragione e il sentimento, il piacere e il dolore, la libertà e la necessità, che si sono via via usurati, per poi lacerarsi quasi del tutto. La lotta contro Covid-19 sarà il banco di prova del nostro riscatto o della nostra disfatta, il terreno di scontro su cui edificare una nuova utopia colma di realismo.
Aldo Musci