Lezione afghana, parla Kissinger: gli errori dell’America
Debacle progressiva aggravata dagli attentati
“Occorre un’attenta riflessione per capire come mai l’America si sia ritrovata a dare l’ordine del ritiro, con una decisione presa senza preavviso, nè accordo preliminare con gli alleati e con le persone coinvolte in questi vent’anni di sacrifici”. Lo scrive sul Corriere della Sera Henry Kissinger, consigliere per la sicurezza nazionale e Segretario di Stato degli Stati Uniti durante le presidenze di Richard Nixon e di Gerald Ford tra il 1969 e il 1977. “Gli Stati Uniti – spiega – si sono rivelati inadeguati nelle azioni di contrasto agli insorti a causa della loro incapacità nel definire quali fossero gli obiettivi raggiungibili e di collegarli tra loro in modo tale da ricevere l’appoggio delle istituzioni politiche americane” e se “gli obiettivi militari sono stati troppo assoluti e irraggiungibili, quelli politici troppo astratti e sfuggevoli”, tant’è che “l’incapacità di collegarli tra loro ha fatto sì che l’America restasse invischiata in conflitti privi di termini ben definiti, e ci ha portati, in patria, a perdere di vista la finalità condivisa, sconfinando in un marasma di diatribe interne”.
Secondo Kissinger, poi, “proprio nel momento in cui i talebani lasciavano il Paese, noi abbiamo perso di vista il nostro principale obiettivo strategico. Ci siamo persuasi che l’unico modo per impedire il ritorno delle basi terroristiche nel Paese fosse quello di trasformare l’Afghanistan in uno Stato moderno, dotato d’istituzioni democratiche e di un governo insediato su base costituzionale. Una tale impresa non poteva prevedere un calendario certo, conciliabile con i processi politici americani, anche perchè l’Afghanistan non è mai stato un Paese moderno, in quanto la sovranità popolare presuppone un sentimento di doveri condivisi e l’accentramento del potere, mentre il territorio afghano, ricco com’è di tanti elementi, è particolarmente carente in questi settori. Erigere uno Stato democratico moderno in Afghanistan, dove i decreti del governo vengano rispettati da un capo all’altro del Paese, richiede anni, se non decenni – continua Kissinger – Tanto che è stata appunto la litigiosità, l’isolamento e l’assenza di un’autorità centrale in Afghanistan a renderlo particolarmente invitante come base per le organizzazioni terroristiche”. E conclude: “Si può pertanto affermare che l’Afghanistan ha ricalcato i precedenti modelli delle polemiche americane interne. Quello che i fautori della lotta ai ribelli definivano come progresso, veniva classificato come disastro dall’ala politica opposta nel dibattito. I due gruppi si sono paralizzati a vicenda durante i successivi governi, nell’uno e nell’altro schieramento politico. Ricordiamo la decisione presa nel 2009, di far seguire all’invio di nuove truppe in Afghanistan l’annuncio simultaneo dell’inizio del ritiro militare nel giro di 18 mesi”. Così il guru della politica estera a stelle e strisce.
Paul Nicastro