Vai al contenuto
CHRONOPOLIS
  • CRONACA
  • CUCINA
  • CURIOSITÀ
  • EDITORIALE
  • EROTISMO
  • GEOPOLITICA
  • INTELLIGENCE
  • TURISMO

Pandemia, tasse e povertà: un cocktail esplosivo

15 Luglio, 2021

Le famiglie hanno pagato il prezzo più alto, insufficienti gli aiuti pubblici, salita la pressione fiscale generale, record del debito pubblico a 2686,8 mld a fine maggio 2021

La pandemia ha spinto 333 mila famiglie, il  20% in più rispetto al 2019, nell’area della povertà assoluta e non  ha frenato la pressione fiscale che, anzi, è cresciuta ancora di più.  L’anno scorso, mentre molte famiglie oltrepassavano la soglia di  povertà non riuscendo a mantenere il livello dei consumi ritenuto  essenziale dall’Istat, la pressione fiscale generale pari al 43,1%, è  aumentata di 0,7 punti di Pil, mentre quella delle famiglie, pari al  18,9%, è cresciuta di 1 punto di Pil. L’incremento è avvenuto a causa  della rigidità del gettito delle imposte dirette, in particolare  dell’Irpef, e dell’Imu al calo del Pil. Il dato emerge  dall’Osservatorio del Consiglio e della Fondazione Nazionale dei  Commercialisti sulle famiglie italiane che traccia un bilancio del  primo anno di pandemia e di dieci anni di crisi. L’Osservatorio  evidenzia come nel 2020 sia Il Pil che il gettito fiscale si sono  ridotti, ma in misura diversa. Nel dettaglio, mentre il Pil è calato  del 7,8%, le entrate fiscali delle famiglie sono diminuite del 3,2%,  mentre tutte le altre entrate fiscali si sono ridotte dell’8,7%. Di  conseguenza, la pressione fiscale generale è salita, ma quella delle  famiglie, costituita in massima parte dalle imposte dirette e dall’Imu, è aumentata in misura maggiore. Ad aver inciso in modo  particolare su tale tendenza è stato il gettito erariale dell’Irpef  che nel 2020 si è ridotto solo del 2,2.

Il bilancio complessivo della pandemia, per  il 2020, nonostante gli ingenti aiuti statali, è dunque negativo. In  particolare, a fronte di un calo del Pil di 139,4 miliardi di euro  (-7,8%) e di un incremento del deficit pubblico di 129 miliardi di  euro, il reddito disponibile delle famiglie si è ridotto di 32  miliardi di euro (-2,8%), mentre l’effetto combinato degli aiuti  pubblici e del crollo dei consumi, calati di 116 miliardi di euro  (-10,9%), ha determinato un incremento del risparmio lordo delle  famiglie di 83,4 miliardi di euro (+88,3%). L’analisi  dell’Osservatorio fa emergere, dunque, il paradosso di un aumento  della povertà e allo stesso tempo di un aumento del risparmio reso evidente anche dall’incremento dei depositi bancari delle famiglie  unito ad un aumento della pressione fiscale. Su quest’ultimo  fronte, inoltre, pesano i risultati già negativi del 2019 che aveva  segnato un’interruzione della fase di rientro della pressione fiscale  avviata nel 2014 e durata cinque anni. Il passo indietro dell’ultimo  biennio ci riporta agli anni dello shock fiscale seguito alla crisi  del debito sovrano del 2011, annullando quasi del tutto i progressi  ottenuti dal 2014 al 2018. L’effetto finale, inoltre, è fortemente  sbilanciato dal lato delle famiglie che, a conti fatti, hanno  sopportato interamente il peso dello shock fiscale e  dell’aggiustamento di bilancio. Dal 2011 ad oggi, infatti, a fronte  di un incremento del Pil di 2,8 miliardi (+0,2%), le entrate fiscali  delle famiglie, che pesano per meno della metà sulla pressione  fiscale generale, sono aumentate di 46 miliardi di euro (+17,3%),  mentre le altre entrate fiscali sono diminuite di 15,7 miliardi di  euro (-3,8%). In particolare, il gettito erariale dell’Irpef dal 2011  è cresciuto di 11,7 miliardi (+7,2%) e quello dell’Imu, confrontato  con il gettito Ici, è aumentato di 11,1 miliardi di euro facendo  registrare l’incremento più elevato in termini percentuali pari,  addirittura, al 120%. Stessa dinamica, per le addizionali regionale e  comunale che hanno contribuito ulteriormente con impatti  diversificati e rispettivamente pari a +3,5 e +1,8 miliardi di euro.  Le imposte sui redditi di capitale sono aumentate di 9,3 miliardi di  euro (+92,8%) e i contributi sociali sono aumentati di 8,5 miliardi  di euro (+12,6%).

Dall’Osservatorio dei Commercialisti  emergono altri dati sull’andamento dei redditi familiari e sulla  povertà, che dimostrano come la lunga crisi economica e finanziaria  degli ultimi anni abbia depresso fortemente i redditi familiari: dal  2003 al 2018, il reddito medio in termini reali ha perso l’8,3% del  suo valore. Nello stesso periodo, il divario Nord-Sud è aumentato  (+1,6%) arrivando a raggiungere i -478 euro al mese. Nelle famiglie  in cui prevale il reddito da lavoro autonomo la crisi ha colpito  ancora più duramente: la perdita in termini reali è pari al 28,4%. Il  divario Nord-Sud è forte anche nella spesa media mensile dei consumi  delle famiglie anche se, in questo caso, il Covid-19 ha giocato  all’inverso, colpendo maggiormente il Nord e riducendo, anche se solo  leggermente, il divario. Nel 2020, la spesa mensile media di una  famiglia meridionale è pari al 75,2% rispetto ad una famiglia che  vive al Nord: 1.898 contro 2.525 euro. Il calo dei consumi è  certamente alla base dell’aumento della povertà. Infatti, l’Istat  misura la soglia di povertà nei termini di un livello di consumi  ritenuto essenziale per una famiglia in base alle sue  caratteristiche, tra cui spicca anche la residenza. E dal momento che  i consumi si sono ridotti molto di più al Nord che al Sud, la povertà  è aumentata più al Nord che al Sud. In realtà, però, mentre molte  famiglie scendevano sotto la soglia di povertà (+333 mila famiglie),  l’intensità della povertà, cioè la distanza dalla soglia, si riduceva  (dal 20,3 al 18,7%). Infine, la povertà relativa migliora più al Sud  che al Nord.

“Da questa analisi – dichiara il presidente  del Consiglio Nazionale dei Commercialisti, Massimo Miani – risulta  evidente come  le famiglie italiane, su cui grava in definitiva il  peso dell’Irpef, abbiano pagato e continuino a pagare un conto  salatissimo a causa degli squilibri macroeconomici e di finanza  pubblica del nostro Paese. L’Irpef, la principale imposta italiana,  includendo anche le addizionali locali, nel 2020 ha raggiunto il  livello di 191 miliardi di euro, pari all’11,6% del Pil. Basti  pensare che nel 2011, alla vigilia dello shock fiscale causato dalla  crisi del debito sovrano, era pari al 10,5% del Pil e che,  addirittura, nel 1995, prima dell’introduzione delle addizionali  locali, si fermava all’8,4%. La riforma fiscale non può non farsi  carico di questa problematica. Come più volte abbiamo sostenuto, il  peso dell’Irpef grava soprattutto sui redditi del ceto medio ed è  evidente anche da questa analisi come negli ultimi dieci anni il peso  dell’Irpef su questa categoria di contribuenti sia aumentato a  dismisura. Se volessimo riequilibrare le cose e riportare il rapporto  tra l’Irpef e il Pil ad una dimensione normale, potremmo parametrarlo  alla media europea pari al 9,6%. In questo modo, restando ai dati a  consuntivo del 2020, occorrerebbe ridurre il gettito complessivo di  almeno 33 miliardi di euro”. Una congiuntura, dunque, paradossale e potenzialmente esplosiva. Saranno i denari del Recovery Fund a rimettere le cose a poste rilanciando effettivamente la crescita?

Aldo Musci

Post navigation

Articolo precedente:

Tecnologie per l’intelligence: le eccellenze made in Italy

Articolo successivo:

La corsa di Trump alla presidenza Usa favorita da Putin?

[categoryposts]

Articoli più recenti

  • Missili “Hellfire”, la morte viene dalle fiamme dell’inferno 5 Agosto, 2022
  • La Cia elimina Al Zawahiri a Kabul 2 Agosto, 2022
  • La città brucia, ve lo dice Don Winslow 29 Luglio, 2022
  • Mi6: molte spie russe sotto copertura in Europa 22 Luglio, 2022
  • Istat: le Aree Interne comprendono la metà dei Comuni del Paese 21 Luglio, 2022

Tag

Afghanistan Al Qaeda ambiente antimafia CIA Cina Comuni Copasir Covid-19 cybercrime democratici digitalizzazione Donald Trump Fondazione Antonino Caponnetto geopolitica guerra intelligence Intelligenza artificiale Isis Istat jihadismo legalità mafia mafie N'Drangheta narcos narcotraffico noir OMCOM pandemia povertà Recovery Fund Salvatore Calleri serial killer servizi segreti smart city spionaggio Stati Uniti d'Europa Talebani tasse terrorismo Trump Ucraina Unione europea USA
© 2023 CHRONOPOLIS | Built using WordPress and SuperbThemes