Pegasus, Israele contrattacca e crea task force per indagare sull’Nso Group
Sarà composta da esponenti del ministero della Difesa, della Giustizia, degli Esteri, dell'intelligence militare e del Mossad, con l'obiettivo di ammorbidire la posizione di NSO Group e sgonfiare le tensioni diplomatiche
Nel bailamme generato dallo scandalo Pegasus, adesso entra in scena anche Israele. Dopo la bufera scatenata da una serie d’inchieste internazionali, che puntano il dito contro un software targato Stella di David che permetterebbe a una decina di Governi di spiare gli smartphone di capi di stato e di governo, giornalisti e attivisti in tutto il mondo, il governo di Tel Aviv corre ai ripari. Il ministro della Difesa Benny Gantz ha annunciato che l’esecutivo, preoccupato per le eventuali “ripercussioni diplomatiche”, intende istituire una task force che imponga una “cambiamento” nell’operato dell’Nso Group in termini di esportazione di tecnologia i cui usi possono rivelarsi “sensibili”. La task force sarà composta da esponenti del ministero della Difesa, della Giustizia, degli Esteri, dell’intelligence militare e del Mossad, l’agenzia di intelligence israeliana.
Tutto nasce dallo spyware Pegasus. Software in grado di infettare gli smartphone all’insaputa dei proprietari per ottenere l’agenda dei contatti, i messaggi privati, i contenuti multimediali e, volendo, attivare a distanza anche il microfono e la telecamera per spiarne la vita privata. Nella lista di 50mila numeri di telefono ottenuta dal consorzio di giornalisti Forbidden Stories sarebbero stati ritrovati anche i cellulari del presidente francese Emmanuel Macron e dell’omologo sudafricano Cyril Ramaphosa. A rilanciare le accuse nei giorni precedenti anche testate come il Guardian e Le Monde. Ma Nso Group non ci sta. Shalev Hulio, amministratore delegato dell’azienda israeliana, ai microfoni di una radio locale è tornato a difendere il suo operato sostenendo che il software viene venduto agli Stati unicamente per contrastare l’operato dei gruppi terroristi. A proposito delle inchieste di stampa, ha dichiarato: “E’ solo una rete di menzogne. Attualmente stiamo lavorando con 45 paesi e nell’arco di 11 anni, ci siamo rifiutati di collaborare con 90 paesi. Sì, ben 90 paesi”. Tuttavia le inchieste rilanciate in questi giorni rischiano di creare tensioni diplomatiche: il Guardian sostiene che a chiedere di sorvegliare lo smartphone di Ramaphosa sia stato il governo del Ruanda, mentre il “committente” per il cellulare di Macron sarebbe addirittura il Regno del Marocco.
Paul Nicastro