RicominciAmo
Riparte il massimo campionato di serie A post Covid19, tra crisi e voglia di ripartire e stupire tutti.
Ricominciamo, cantava Adriano Pappalardo nel lontano 1998. Ricominciamo con Il campionato di calcio italiano! a porte chiuse, ma si ricomincia con la serie A. Non senza polemiche, ovviamente. Come nei migliori copioni hollywoodiani. Da una parte vi è l’esigenza di ripartire così da far quadrare i conti di un’economia, quella calcistica, in preda a un’isteria evidente che rischia di far saltare il banco prima ancora di cominciare. Dall’altra vi sono gli interessi sportivi, dove i club con mire di vittoria, o di possibile vittoria, sono desiderosi di giungere al termine della stagione più travagliata della storia sportiva mondiale. Ma non finisce qui, perché nel mezzo vi sono tante di quelle problematiche che diventa un ginepraio potersi districare con dei risultati accettabili.
I giocatori reclamano questioni contrattuali, evidentemente messi in discussione dai mancati introiti delle società calcistiche a seguito del lockdown, ed organizzative, come la protesta verso la decisione di inserire l’orario delle partite in diurna nella nuova calendarizzazione della serie A post Covid 19, e poi rispedita al mittente con successo. Insomma, una vera babele, dove anche i tifosi sono stremati e disamorati, distolti da avvenimenti di importanza più alta, come, appunto, la pandemia. Oggi, per evitare ulteriori derive, ognuno degli attori in gioco deve remare verso un’unica direzione, quella della riconciliazione tra società, giocatori e pubblico. C’è bisogno che vi sia una politica d’indirizzo che sia un unicum così da rendere più forte, anche da un lato economico, quello che è considerato lo sport più importante al mondo. In barba ai pensieri di Donald Trump, che in questi giorni, evidentemente, non ha altro da affermare che non guarderà più il soccer in vita sua. Ce ne faremo una ragione, ovviamente! In ogni caso, c’è la necessità di fare un salto di qualità nell’elaborazione del prodotto da offrire al tifoso. Per esempio, non sarebbe auspicabile spostare il calendario nel periodo che va dalla primavera all’autunno, in un arco temporale che sfrutti di più il bel tempo e renda il prodotto decisamente più friendly?
Oggi le principali leghe calcistiche europee sono programmate per giocare tra settembre e maggio, con assembramento nel periodo invernale, quando i calciatori sono a rischio incidenti determinati dal freddo e dalla pioggia, nonché da un sovraffollamento di gare nazionali ed europee. Questa ipotesi creerebbe una bella rivoluzione anche, soprattutto, in ottica di una miglioria del prodotto per coloro, in primis i tifosi, che sono linfa vitale per le casse delle società per cui tifano; ma anche per coloro che investono nell’economia calcistica. Se dovessimo trovare degli elementi di positività da questa pandemia li scorgiamo, sicuramente, nel presupposto di portare a termine delle trasformazioni che in epoca pre Covid neanche sarebbero arrivate ad una benché minima ipotetica proposta. Quest’ipotesi creerebbe quel volano utile alla crescita dell’economia calcistica italiana alle prese con una profonda e sistemica decadenza che, negli anni, ha visto favorire la crescita delle leghe spagnole ed inglesi, ma anche quelle francesi e tedesche; e che hanno spinto l’industria del calcio italiano verso posizioni di rincalzo e non più di dominio, come fu per decenni sul finire del secolo scorso. Nonostante la crisi che avvolge il sistema Italia, oggi ci si accinge a ricominciare il campionato, nel prossimo weekend, con delle sensazioni positive; soprattutto con dei presupposti incoraggianti in termini di ascolti televisivi come abbiamo constatato nelle partite di coppa Italia che si sono disputate in questi ultimi giorni e che hano visto trionfare per la sesta volta il Napoli. Oggi, il sistema calcio può e deve abbandonare quell’alone di negatività di cui si è contornato negli ultimi tempi, uscendo dall’eremo in cui si era posizionato incurante di una visione di lungo periodo e troppo attaccato a quelle beghe di potere che hanno determinato solo danni evidentissimi. Difatti, è da illo tempore che una squadra italiana non vince più. Ci auguriamo una ripartenza all’insegna della gioia, quella sana che abbiamo intravisto nella Coppa Italia, e dove non c’erano giocatori milionari ma solo uomini con la voglia di giocare e di trasmettere amore e passione.
Questo è il bello del calcio, ragazzi!!! Sapremo preservalo e migliorarlo?
Alessio Ditta