Stati Uniti d’Europa: prospettiva realistica o libro dei sogni?
Intervista a Salvatore Calleri, presidente della Fondazione Antonino Caponnetto
Egregio presidente, da anni lei conduce con tenacia e determinazione una strenua battaglia antimafia alla testa della prestigiosa Fondazione Antonino Caponnetto, parallelamente porta avanti anche una battaglia politico-culturale per gli Stati Uniti d’Europa. Come si conciliano queste due dimensioni?
Non bisogna nella vita mai essere monotematici. Sin da piccolo ho la passione per la geografia, la storia e la politica. Con queste passioni occuparsi di Europa e di federalismo è stato facile. Passioni comuni con Caponnetto tra l’altro oltre che con mio padre. Pertanto è stato facile occuparsene. Detto questo esiste purtroppo la mafia in Europa e un modello di Stato Federale
permetterebbe di combatterla meglio.
La Storia insegna che l’esperienza “migliore” di Stato federale si è verificata in America del Nord a partire da un nucleo originario, un ceppo base, un collante per la coesione sociale, gli WASP, che recava con sé una tradizione, una cultura, un’etnia e una lingua, unitarie. Nonostante ciò nel cuore del XIX secolo il Paese è stato lacerato da una guerra civile spaventosa, la prima contemporanea (600mila morti), perché due economie antagonistiche e la schiavitù non potevano convivere rispettando il principio del “diritto alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità”. Nel caso europeo mancano tutte queste condizioni base. Non crede che gli Stati Uniti d’Europa siano una costruzione intellettualistica e artificiosa non sorretta da processi materiali effettivi? Non si potrebbe forse affermare che gli Stati Uniti d’Europa stiano agli Stati Uniti d’America come l’esperanto sta alla lingua inglese?
Mi permetto di non essere d’accordo. Il modello americano unionista non è stato il modello migliore per arrivare al federalismo degli Stati Uniti d’America… Ma comunque ci è arrivato, dopo una sanguinosa guerra civile tra i federali unionisti (nordisti) ed i confederali (sudisti). Il modello principale per un moderno federalismo europeo a mio modesto parere è quello svizzero, nato anch’esso da una guerra civile del Sonderbund nel 1847, con pochissimi morti (meno di 100) che trasformò lo stato da confederale a federale. Un modello diverso citato da Churchill per l’Europa nel 1947 a Zurigo. Un modello che vede assieme popoli e lingue diverse. Il modello Svizzero è quindi il modello migliore, anche se l’ideale è un mix tra i 2 modelli, svizzero e americano.
Quali sono oggi le forze politico-sociali ed economiche sulle cui gambe potrebbe viaggiare una
simile proposta?
Oggi i federalisti europei ci sono, ma non sono forti tra le elite dei paesi europei. Per assurdo i contrari ai sovranismi ed ai nazionalismi tra le persone normali in Europa son tutti federalisti. Ma la classe dirigente europea è ancorato al vecchio modello confederale imperfetto della Ue. Pertanto le gambe ci sono…
L’Unione europea appare sempre più un organismo sbilanciato, segnato da interessi divergenti e talora contrastanti, a trazione franco-tedesca. Nazioni che peraltro si sono combattute per secoli. Forse per questo motivo non si riesce a implementare un’azione geopolitica comune. Ne abbiamo esempi continui. Quale la sua opinione in merito?
Il modello della Unione Europea è un modello che si può definire confederale imperfetto. Come tutti i modelli confederali, se non si trasformano in federali vanno in crisi. Crisi oggi visibile nello scenario internazionale. Una cosa però ci ha garantito: la pace tra gli Stati membri. Detto questo, nella tua domanda c’è pure la risposta, ossia la necessità di avere una geopolitica
unica, cosa che gli Stati Uniti d’Europa permetterebbero, a differenza della Ue.
L’adozione della moneta unica si è rivelata una camicia di forza per le economie più deboli della Ue, schiacciate dallo strapotere germanico. Le pare possibile che la malridotta Grecia detenga una moneta più forte della moneta del Paese che ha dato i natali alla Apple, multinazionale che ha un fatturato superiore all’intero Pil della stessa Grecia?
L’euro dal quale sia chiaro non conviene comunque uscire, ha un problema: è una moneta federale all’interno di un modello confederale imperfetto. Anzi contribuisce a rendere imperfetto il modello confederale contaminandolo con un pizzico di federalismo, ma senza aver la forza di trasformarlo. Occorre poi tenere presente che non tutti gli Stati Ue adottano l’euro, e ciò
complica il quadro. Il caso Grecia è il chiaro indice di come il modello confederale non vada bene in quanto lascia in
piedi il modello Stato singolo, lasciandolo solo di fronte ai problemi. Al contrario in caso di Stato unico federalista la crisi greca sarebbe stata riassorbita.
Come dovrebbe delinearsi e strutturarsi il percorso che ci condurrebbe agli Stati Uniti d’Europa, magari attraverso una serie di annessioni e omologazioni costituzionali, fiscali, politico-militari, al soggetto più forte?
Il percorso è difficile indubbiamente. A mio modesto parere bisognerebbe partire con una legislatura europea costituente che porti a un trattato che sostituisca quello istitutivo della Ue. Con le ultime elezioni europee si è persa un’altra occasione al momento. Teoricamente gli Stati Uniti d’Europa dovrebbero avere un unico confine, un unico fisco, un unico esercito, un unico
welfare miscelando il meglio dei singoli stati attuali.
Negli Stati Uniti d’America tutti, indipendentemente se nativi o immigrati, si sentono e vogliono
sentirsi americani. Nel Vecchio Continente, un abitante di Helsinki e uno di Reggio Calabria, si
sentono all’unisono europei?
Il problema non sta se i cittadini si sentano europei o no, ma se le attuali classi dirigenti siano in grado di capire che gli Stati Uniti d’Europa sono un sogno che sta diventando necessario per la nostra sopravvivenza. La crisi della Ue è irreversibile perché è una crisi di modello e quindi l’unico sbocco per il futuro della Europa è il federalismo. Se ciò non avverrà, si soccomberà… Geopoliticamente ma non solo.
Aldo Musci