Una riflessione agrodolce sulla famiglia
Un riflessione agrodolce sulla famiglia dopo i recenti fatti di cronaca che hanno attirato l'attenzione dell'opinione pubblica
La vile aggressione di Anzio contro una persona di colore da parte di due ragazzini, e quella verso un povero autista dell’azienda trasporti di Roma scaturita da una gang di ragazzini, pone, semmai ce ne fosse bisogno, l’accento sulla deriva della società italiana. Che per intenderci, non è solo figlia del moto perpetuo del “Salvini pensiero” nel suo continuo tour elettorale per l’Italia. Pensare che queste derive sociali siano figlie solo dell’azione Salviniana, significa non capire che il male è insito, ahinoi, nella nostra società. Oggi si paga un vuoto culturale della famiglia, ci si trova a combattere contro il germe della diseducazione.
E’ vero che, fortunatamente, si è combattuto, e si è ottenuto, il reinserimento dell’educazione civica nei programmi scolastici; è un segnale, questo, importantissimo ma che da solo non può essere utile e incisivo per risolvere la problematica esistente. Vi è il bisogno di riappropriarsi di quei valori, oramai persi, della famiglia, dove esistono diritti e doveri e dove l’educazione e il rispetto sono la natura portante di ogni singolo individuo. Se oggi si registrano, in maniera esponenziale, dei casi di maleducazione, in primis degli adulti, è naturale che i figli, conseguentemente, hanno dinanzi a se’ dei modelli genitoriali che non sono per nulla inclini al principio di una buona educazione; altresì, si ergono dei modelli caratteriali volti allo scontro continuo. Inutile girarci attorno, si rischia di evidenziare, in questa modalità, cose non pertinenti alla determina della realtà.
Un problema che è di natura sociale, prima lo si evidenzia con lucidità e prima se ne può uscire con soluzioni vicine alla virtuosità. Che sarebbero, e sono, di rottura verso l‘ordinario comportamento che non insegue cose che invece dovrebbero essere nel dna di ognuno di noi. La tolleranza, il rispetto dell’altro e vedere la diversità come elemento qualificante e non come una diminutio. Tutte cose, queste, che fanno scopa con l’educazione. I nostri figli devono essere più educati verso il prossimo, e verso se stessi, ma se non hanno degli esempi corrispondenti in famiglia tutto questo diventa di difficile esecuzione, superficiale come minimo. Vedere l’intervista della mamma di uno dei due aggressori di Anzio fa male perché non ci si capacita dell’azione avvenuta sostenendo che l’accaduto è sopraggiunto, forse, per un litigio; ma il fatto, essendo oramai avvenuto, lo declina a situazioni che possono accadere. Ed ancora, non si può immaginare che un gruppo di ragazzini prenda un autobus e per noia decida di fermarlo, per poi picchiare selvaggiamente l’autista. Non è umano!
La verità, forse, è che spesso le famiglie si accorgono troppo tardi che in quel ragazzo, nascosto dietro ad un telefono, alberga un disagio così grande che, a volte, può prendere delle pieghe decisamente non desiderate. Ecco, dentro la famiglia dobbiamo ritrovare quell’armonia sociale, oggi messa in discussione da una superficialità senza precedenti, che permetta di elevare il senso profondo di stare meglio al mondo. In armonia con se stessi e con il resto attorno a noi. L’odio non serve a nulla, ti ruba il futuro. Ma noi vogliamo migliorare il nostro futuro?
Giulia Rebecchi